domenica 28 maggio 2017

ANTONINO CAPONNETTO - UNA POESIA INEDITA / AN UNPUBLISHED POEM



Antonino Caponnetto. Photo by Luca Artioli


Antonino Caponnetto è nato nel 1950 a Catania (Italia), dove ha vissuto, salvo una breve pausa romana, fino al 1980. Dal 1981 vive a Mantova.

Raccolte poetiche:
Per l’Editore Campanotto, ha pubblicato due raccolte di poesie: Forme del mutamento (Udine, 1998) e La colpa del re (Udine, 2002). Per le Edizioni Kolibris, la silloge Miti per l’uomo solo (Bologna, 2009). Per l’Associazione Culturale Pellicano, Agonie della luce - Poesie 2012-2015 (Roma, 2015) e Il sogno necessario (Niente guardiani, prego, alla Parola), poesie con testo inglese a fronte, traduzione di Alessandra Bava (Roma 2017).

Traduzioni:
Fernando Rendón, Qual era la domanda? (Poesie 1986-2016), Pellicano, Roma, 2016.

Con Pellicano collabora già da qualche tempo come curatore della collana poetica internazionale “Poetry by the Planet”.

È stato ospite di vari festival poetici, come il Sirmio International Poetry Festival, il Festival internazionale di Poesia Virgilio, il Festival internazionale Ottobre in Poesia.
Sue poesie sono state radiotrasmesse, altre sono apparse su riviste e antologie (le ultime: SignorNò, I dialetti nelle valli del Mondo, 2016), LiberAzione poEtica (2017), tutte con l’associazione Pellicano, Roma, e No Resignación (Poetas del mundo por la no violencia contra la mujer). “Antología de Salamanca, Ayuntamiento de Salamanca” (ES), 2016. Suoi testi poetici o interviste si possono leggere anche online attraverso vari link.
Diversi sono i suoi contributi critici, spesso in forma di pre o postfazioni alle opere di giovani, meno giovani o ben noti poeti.
Presso le Edizioni del Trito&Ritrito, sono apparse (in un numero limitato di copie destinate agli amici), quattro plaquettes: A che serve? (2001), Le chiare strade (2002), Contromovenze (2003) e Petits cahiers pour la douleur du pauvre (2005).






Antonino Caponnetto con Fernando Arrabal e Beppe Costa. MonigArt Festival, 1-3 luglio 2016









SOPRAVVIVENZE

                                          a G. C. In Memoriam


A te ho parlato come a chi cospira 

contro se stesso.


Tu cercavi a volte
di uscirtene dal mondo
e al medesimo tempo riapparire
in solitari altrove, tramutato
come nei sogni o nelle malattie
d’un intelletto invaso dal dolore.

A te ogni volta il corpo si opponeva
coi sofismi ingannevoli d’un nuovo
Zeno eleata che le serpeggianti
strade senza uno sbocco
rendeva dritte fino all’infinito 
e la sopravvivenza chiamava vera vita.

A te che dell’inerzia quotidiana
non sapevi che farne è accaduto
di ascoltare altre voci. Ad altre vite
accostarti. Specchiarti, liberato,
nell’altrui sguardo. Spargere il tuo fuoco
per disciogliere il gelo degli inverni
nel cuore dei fratelli mortali eppure eterni.
Conoscerli e, per loro, mutare un poco il mondo.  

Prima che il corpo tuo cadesse, preda
di belve roditori uccelli vermi


                                                         28 maggio 2017







Postiamo di seguito alcune osservazioni di Alba Gnazi, precisando che quando queste sono state scritte non era ancora stato pubblicato il libro “Agonie della luce”. Esse sono dunque anteriori all’ottobre del 2015. 


QUALCHE NOTA SULLA POESIA DI ANTONINO CAPONNETTO (di Alba Gnazi)

Tempo fa ebbi a scrivere, a proposito delle poesie di Antonino Caponnetto, che erano come attraversate da un vento di primavera.
Quel vento percorre e precorre, come un ghibli nei deserti lontani, le sue opere poetiche: le quali, sorrette dallo scorrere del tempo, additano spazi e cronologie parallele.
Sono, quelle di Caponnetto, poesie che ininterrottamente dialogano con gli occhi e con lo spirito, e rimandano a inizi senza origine; moti d’anima e alfabeti che perseguono un proprio ritmo e che dicono: Seguimi.
Conosce, il poeta, le pieghe e le lacune del prisma ch’è la Vita: ne conosce i vicoli e gli anditi più scabri, gli odori e i cromatismi.
Ogni lingua, porto, volto, tetto sono, per lui, casa e fagotto: non è solo immersione, non è solo indagine (per quanto accurata, a lui propria, inedita e multiforme): è possesso intimo e profondo, è costante meraviglia, quella che rende il passo lieve e danzante, l’occhio mai saturo.
Guardare, notare, annotare, sciogliere nodi, celebrare incanti, a proprio modo e tempo ciascuno lo fa. Ma con Caponnetto ogni sensazione si muta in ritorno.
Ogni volto diventa una traccia da seguire col dito.
Ogni parvenza scavalca l’illusione e si posa tra gli occhi e la mente, pronta per essere afferrata.
Il sentimento più aspro e nobile, quello che non ha stasi nel tempo e che, attraverso il tempo e le voci, definisce e plasma il cuore, quel sentimento immotivato e sublime contrae un debito con le sue parole; arrestato in flagranza d’esplosione, rarefatto talora, talaltra più spesso e pervicace, osserva se stesso e le cose da presso, s’attorciglia come un’onda, atterra e sonnecchia; e scrutato a sua volta ci scruta.
Ci sono, nelle parole (tra le parole) malie che bevono vite e intenti, regalano momenti di estasi e promesse sconfinate; malie che diventano quiete e risveglio: e non sono più malie, ma condivisioni,  doni preziosi e disinteressati di sé, che Caponnetto depone a vista, in attesa che siano riconosciute come un qualcosa di cui non si dubita – che semplicemente c’è – che non abbisogna di prove: ché far dono dei recessi dell’anima è una scelta: non ammette errori, condizioni, scambi o compromessi: solo fiduciosa offerta, a occhi chiusi e mani piene.
Non c’è vittima, non c’è carnefice, qui: solo consapevolezza dell’ineluttabilità dei tramonti, dello scorrere degli eventi, dei mutamenti che non lasciano confini da oltrepassare, delle distanze cosmiche che dal nero vertiginoso dello spazio rendono mite e misero l’Oceano: eppure sempre consono e degno di essere cantato.
È la consapevolezza che rende alto il suo poetare, e rigoglioso e puro; antico di conoscenze che rendono tenace e potente la cosa poetica; nuovissimo per il sentire e il decifrare fatti arcani, ombre deformi, spirali di memoria, luoghi fondi, agenti che respingono interpretazioni uniformi.
Umile e ricchissimo poetare, ironico, ritmico, elegante, privo di scadimenti lirismi pindarismi pedanterie ecolalie… Ma qui la lista s’allunga, e già abbastanza tempo s’è tolto al suo dire ― che nei mutamenti del tempo stesso trova conferme e aperture via via più inedite, riformulazioni e vissuti che concorrono a fare del discorso poetico di Caponnetto un continuum sempre più prossimo al nucleo fondante del suo essere in poesia.  
                                                                                                                                                       Alba Gnazi 













http://www.associazionepellicano.com/libro/agonie-della-luce/







http://www.associazionepellicano.com/libro/sogno-necessario-antonino-caponnetto/













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