domenica 13 maggio 2012

GEORG TRAKL - "Occidente", "La canzone di Kaspar Hauser", "Grodek"





Georg Trakl (Salisburgo, 3 febbraio 1887 – Cracovia, 3 novembre 1914), poeta espressionista austriaco. Nasce da Tobias, commerciante luterano in ferramenta e da Maria Halik, cattolica, di origine slava, melomane e collezionista di oggetti di antiquariato. Dopo un’infanzia apparentemente serena, fatta di giochi con la sorella minore Grete, nata nel 1891, di letture e di musica – entrambi suonavano il pianoforte - si legherà con lei in un rapporto incestuoso che segnerà drammaticamente la loro vita. 
Frequenta il ginnasio nel 1897; bocciato già una volta, non supera l’esame finale. Lascia perciò gli studi nel 1905 per lavorare come apprendista in una farmacia di Salisburgo, prende abitudine alle droghe e tenta i primi esperimenti letterari; ammira Hölderlin, Nietzsche, Dostoevskij, Rimbaud, Maeterlinck, Ibsen e Strindberg. Membro del circolo poetico Apollo, scrive recensioni sul giornale locale Salzburger Volkszeitung e fa rappresentare senza successo due drammi: Giorno dei morti (Totentag, 1906) e Fata Morgana (1906), e una tragedia, La morte di don Giovanni (Don Juans Tod, 1908). In quello stesso anno pubblica, sempre sul quotidiano di Salisburgo, la sua prima poesia, Das Morgenlied (Canto del mattino). 
Terminati finalmente gli studi ginnasiali, s’iscrive nell’Università di Vienna per frequentare il corso di farmacia, diplomandosi Magister nel 1910, e presta servizio militare in sanità dal 1910 al 1911. 
Tornato a Salisburgo nel settembre 1911, nel 1912 ottiene un impiego nell’ospedale militare di Innsbruck, città dove conosce Ludwig von Ficker, il fondatore della rivista Der Brenner (L’incendiario), rivista d’avanguardia letteraria che pubblica in maggio le sue prime poesie. 
Ottiene un impiego a Vienna al Ministero dei Lavori Pubblici ma si licenzia dopo solo due ore e torna a Salisburgo. Ripeterà altre due volte la stessa esperienza di incapacità a dedicarsi a un lavoro stabile; a Vienna conosce Karl Kraus, l’architetto Adolf Loos, Ludwig Wittgenstein, che a quel tempo guardava con interesse alla rivista tirolese, il pittore Kokoschka. Nel luglio 1913 pubblica a Lipsia una raccolta di Poesie (Gedichte); dipendente dalla droga e dall’alcool, è spesso soggetto a crisi depressive e incapace di dedicarsi a un lavoro stabile. Va a trovare a Berlino la sorella Grete che, sposata ma separatasi molto presto, è ricoverata in ospedale per un aborto. 
Richiamato allo scoppio della guerra, è ufficiale di sanità nella sanguinosa battaglia di Grodek, in Galizia: deve assistere da solo e senza medicine 90 feriti gravi. Traumatizzato dall’esperienza della guerra, tenta pochi giorni dopo il suicidio ma viene salvato e ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Cracovia il 7 ottobre 1914 dove, alla fine del mese, redige il proprio testamento lasciando alla sorella una forte somma di denaro da poco ricevuta da Wittgenstein e, a von Ficker, venuto a visitarlo, il suo testamento poetico con le composizioni Klage II (Lamento II) e Grodek; il 3 novembre si uccide con un’overdose di cocaina. 
Postuma esce una seconda raccolta di poesie, Sebastiano in sogno (Sebastian im Traum, 1915). La sorella Grete si uccide nel 1917. 

Le traduzioni qui proposte si riferiscono alle due poesie di Trakl più studiate in assoluto (Occidente e La canzone di Kaspar Hauser) e allultima (Grodek), scritta dal poeta in prossimità della morte. Tali traduzioni sono tratte dal libro: Georg Trakl, Le poesie, prefazione di Claudio Magris, Introduzione di Margherita Caput e Maria Carolina Foi, traduzione di Vera degli Alberti e Eduard Innerkofler, Garzanti, Milano, 1983/2004

Sul leggendario, enigmatico personaggio chiamato Kaspar Hauser, cui Trakl dedica il suo Lied, diamo di seguito un riferimento bibliografico e uno cinematografico: 
1) Anselm von Feuerbach, Kaspar Hauser. Un delitto esemplare contro lanima (Kaspar Hauser. Beispiel eines Verbrechens am Seelenleben des Menschen, 1832), Adelphi, 1996;
2) L’enigma di Kaspar Hauser, Werner Herzog, Germania Ovest, 1974.













OCCIDENTE 



                                          Dedicato a Else Lasker-Schüler


                             1

Luna, quasi uscisse un essere morto
da un azzurro antro,
e cadono di germogli
molti sul sentiero di rocce.
Argenteo piange un che di malato
allo stagno serale,
sul nero battello
trapassaron gli amanti.

O forse risuonano i passi
di Elis attraverso il boschetto
il giacinteo
e di nuovo si perdono sotto le querce.
Oh, la figura del fanciullo
plasmata di cristalline lacrime,
notturne ombre.
Guizzanti fulmini rischiarano le tempie
le sempre fresche,
quando presso il verde colle
primaverile temporale rimbomba.


                            2

Così lievi sono i verdi boschi
della nostra patria,
cristallina onda
che s’infrange al cadente muro
e noi abbiamo pianto nel sonno;
vagare con incerti passi
lungo la siepe di spine
cantanti nell’estate serale
nella sacra quiete
del vigneto di cui lontano si spegne il raggio;
ombra ora nel fresco grembo
della notte, aquila dolente.
Così lieve chiude un lunare raggio
i purpurei segni della tristezza.


                                3

Voi grandi città
su pietra fondate
nella pianura!
Così senza parola segue
il senza patria
con oscura fronte il vento
gli spogli alberi sulla collina.
Voi verso lontananze declinanti torrenti!
Violento impaura
orrido rosso serale
fra tempestosa nuvolaglia.
Voi popoli morenti!
Pallida onda
frangentesi sul lido della notte,
stelle cadenti. 



LA CANZONE DI KASPAR HAUSER

         
                                                                            Per Bessie Loos 


Egli veramente amava il sole, che purpureo il colle                                         scendeva. 
Le vie del bosco, il canoro uccello nero 
e la gioia del verde. 


 Serio era il suo sostare all’ombra dell’albero 
e puro il suo volto. 
Dio parlava con soave fiamma al suo cuore: 
oh, uomo! 


 Silenzioso il suo passo trovò la città di sera; 
l’oscuro lamento della sua bocca: 
voglio diventare un cavaliere. 


 Ma lui seguivano cespuglio e animale, 
casa e giardino crepuscolare di uomini bianchi 
e il suo assassino lo cercava. 


Primavera ed estate e bello l’autunno 
del giusto, il suo passo lieve 
lungo le stanze oscure di sognanti. 
Di notte egli rimaneva solo con la sua stella; 



vide la neve cadere fra i rami nudi 
e sulla soglia crepuscolare l’ombra dell’assassino. 



Argenteo cadde il capo del non nato. 








GRODEK 





La sera risuonano i boschi autunnali
di armi mortali, le dorate pianure
e gli azzurri laghi e in alto il sole
più cupo precipita il corso; avvolge la notte
guerrieri morenti, il selvaggio lamento
delle lor bocche infrante.
Ma silenziosa raccogliesi nel saliceto
rossa nuvola, dove un dio furente dimora,
il sangue versato, lunare frescura;
tutte le strade sboccano in nera putredine.
Sotto i rami dorati della notte e di stelle
oscilla l’ombra della sorella per la selva che tace
a salutare gli spiriti degli eroi, i sanguinanti capi;
e sommessi risuonano nel canneto gli oscuri flauti                                         dell’autunno.
O più fiero lutto! voi bronzei altari,
l’ardente fiamma dello spirito nutre oggi un possente                                     dolore,
i nipoti non nati.

















2 commenti:

  1. "La poesia di Trakl è una fondazione del mondo; egli è uno di quei poeti che, come Holderlin, sono chiamati a fondare una verità o a svelarne l'assenza, a rendere abitabile la terra o a mostrarne l'inabitabilità. Leggere Trakl significa interrogarsi sulle cose ultime, sulla possibilità stessa della poesia, sul senso estremo della vita. Le interpretazioni di Trakl sono dei confronti con l'essenza del nostro destino". (dalla prefazione di Claudio Magris a 'Georg Trakl, Le Poesie')

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  2. IL PRESENTE COMMENTO VIENE POSTATO IN NOME E PER CONTO DI SONIA TRI, che per problemi tecnici non ha potuto postarlo personalmente.


    Il paradosso della poesia di Trakl sembra fluire dal suo sguardo fulgido, penetrante, misterioso. Così la sua opera, che sembra sorvegliare le stagioni, le loro sagome, il loro mutare inarrestabile ed inquieto. Torna spesso in mente un verso: "Luna,quasi uscisse un essere morto...", ma quell'essere, nella sua morte, è vivo, respira e condiziona l'attimo nel lettore coinvolto in continui passaggi di luci ed ombre. In questa poesia i poli vertono in un'unica direzione, pur mantenendo indirizzi diversi: "germogli e sassi" mantengono lo stesso equilibrio nel procedere delle situazioni, ma queste fanno sempre la differenza nel senso profondo di un'esistenza che non cede ai luoghi comuni del confronto e del sentire.

    SONIA TRI

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